I linguaggi del dialetto : il fonoritmo di Achille Curcio

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Luigi Tassoni
I lettori della poesia dialettale italiana, che così indicativi esempi ha mostrato alla nostra contemporaneità, si trovano naturalmente in una duplice posizione. Da un lato percepiscono come motivata la scelta topica della propria lingua, sia pure a circolazione limitata presso una cerchia di parlanti, dall’altro scoprono la specificità del linguaggio del testo che apre ad una condizione d’ascolto accessibile anche al di là della cerchia dialettofona; da un lato si trovano davanti ad una parola sopravvissuta alla periferia dell’impero dei linguaggi della comunicazione internazionale, dall’altro scoprono la sopravvivenza di un modo, un senso, un carattere, un’intonazione propria musicale tipica della specifica dialettalità; da un lato, questi lettori, si sentono prescelti fra pochi all’ascolto del testo «in una lingua che più non si sa», dall’altro testimoniano che il loro «piccolo» dialetto (a confronto dei grandi numeri delle «grandi» lingue) tocca un nodo ancestrale tipico per appartenenza, familiarità, vicinanza. Ovvero i lettori della poesia dialettale di oggi constatano l’importanza del passaggio dall’oralità alla scrittura della poesia, che mette fortemente in rilievo il dato fondante di ogni testo che è la sua vocalità, la parte del significante fonico e ritmico.

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Com citar
Tassoni, Luigi. “I linguaggi del dialetto : il fonoritmo di Achille Curcio”. Quaderns d’Italià, no. 12, pp. 147-54, https://raco.cat/index.php/QuadernsItalia/article/view/70121.